25 agosto 2008

Goli Otok, Jugoslavia 1948 - Croazia 2008

Goli Otok è l'isola-lager dove Tito spediva i prigionieri politici (soprattutto comunisti filo-sovietici, addirittura ex-dirigenti dello stesso PC Jugoslavo oltre ai fascisti) sottoponendoli a un regime carcerario durissimo, fatto di soprusi, di torture e sopraffazione, costringendo i detenuti a camminare scalzi su rocce acuminate e a punire i loro stessi compagni di pena.

Giampaolo Pansa ha tracciato nel libro Prigionieri del silenzo la storia di Andrea Scano, un soldato rosso, passato per l'inferno di Goli Otok. Qualche giorno fa ho avuto modo di vistare, seppur per un arco di tempo limitatissimo, questa isola; ho scattato alcune fotografie. Ad oggi l'isola è abbandonata, vi sono i resti dei luoghi di detenzione, purtoppo "preda" di pecore portate lì per pascolare e che deturpano un luogo che va conservato, per mantenere memoria storica di quanto è successo, perché non succeda più.

Riporto queste fotografie (cliccare per ingrandire) come commento alla poesia scritta poco prima di morire da Andrea Scano, dedicata a sua nipote, a proposito di questo posto e pubblicata postuma sul libro di Giampaolo Pansa. Il titolo, originariamente assente, è stato assegnato da Pansa.

Triste il destino di Scano e dei suoi compagni di sventura: tornati in libertà e costretti al silenzo, perché da un lato taceva il PCI, per non gettare fango su uno stato comunista, pur se a loro contrapposto; dall'altro taceva anche la DC per non gettare fango sul Tito filo-occidentale e quindi su uno stato contrapposto al PCI ed al Cominform.

Un'ampia documentazione fotografica su Goli Otok è presente sul sito www.goli-otok.com

La pioggia di sangue

Se è all'inferno che sono destinato,
non preoccupatevi per me
c
he già ci sono stato!
Oggi ti vedo triste e preoccupata.
In silenzio ti osservo,
da quando s
ei entrata.
Gli occhi tri
sti, il mento sulle mani,
forse cerchi le parole per dirmi
che per me non c'è domani.
Per distrarti
faccio anche il buffone.
Diventi rossa,
a stento trattieni il tuo magone.
Cosa ha oggi la mia nipote preferita?
Tu mi rispondi:
sono stanc
a della vita!
È giunta l'or
a che non avrei voluto mai
di raccontarti una storia che non sai.
C'è un isola deserta
in mezzo al lare.
Io ne conosco il nome,
ma non ti dirò quale.

C'è un isola
Che ricorderò in eterno.
È l'isola del male.
E la chiamerò Inferno.
In fila indiana ci hanno accompagnati
con pugni e calci ci hanno massacrati.
Alzamm
o gli occhi per guardare i nemici.
Sbigottiti, scoprimmo che erano nostri amici.
Du
e file eran di uomini.
In mezzo dov
evamo passare.
Gli ordini dicevano:
li dovete massacrare.
Molti di loro fingevano
troppi di loro godevano.
E non distingui più gli amici dai nemici.
Non si distingue più l'odio dall'amore.
Non bruciano il tuo corpo, ma il tuo onore.
Non è il tuo corpo a essere bruciato.
A vivere esso è condannato.
Non conosco le parole
per desc
rivere a te
la vita s
u quell'isola che non sai dov'è.
Ma se per caso un giorno
qualcuno parlerà,
un coraggioso più di me,
scoprirai dov'è e ci andrai.
Guarda il cielo e copriti.
Una piog
gia di sangue
potrebbe bagnarti.
Una pioggia di sangue
sull'isola cadrà.
E se l'inferno voi volete visitare
è su
quell'isola che dovete andare.
Passati sono orami tant'anni,
ma sono sicuro che
quando la bora soffia
porterà con sé,
pi
ù in alto che potrà,
una pioggia di sangue
che sull'isola cadrà.

E venne un giorno che a Fiume ritornai.
Cadavere vive
nte,
passavo tra la gente.
Questo per dire a te
che tu non puoi e non devi
stancarti della vita
a cui tanto tenevi.
Tutto qu
ello che so
io non lo volli dire.
Andò in pezzi la mia anima
e tutto il mio ardire!

Andrea Scano, maggio 1980

24 agosto 2008

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