03 aprile 2008

I "nuovi stregoni" colpiscono ancora: Cristiana Tretti e i tarocchi

Ieri sera, presso la libreria Mondadori di via Marghera a Milano, c'è stata la presentazione del libro "I tarocchi" di Cristiana Tretti. Non potevo mancare, spinto come sono dalla curiosità di capire il perché dell'interesse della gente per determinati argomenti.

L'uditorio non era numerosissimo come durante l'incontro sulla "profezia del 2012", comunque un numero non indifferente, e l'età media piuttosto alta. Sembrava che la quasi totalità degli astanti si conoscessero, probabilmente erano frequentatori degli stessi ambienti. La presentazione inizia alle 21.15, e l'introduzione non è male, presentando la storia dei tarocchi, l'origine e la loro evoluzione artistica. Dopotutto, i disegni presenti su questi mazzi di carte possono essere considerati una forma d'arte, e fin qui nulla di male; anzi, tanto di cappello a chi riesce a ricostruire l'origine e l'evoluzione storica, simbolica ed artistica di queste carte, come parte della storia dell'arte.

Poi però la relatrice si lascia andare un po'... facendo prima una precisazione: i suoi studi non sono da confondere con i presunti studi di cialtroni che parlano di predizione del futuro: lei utilizza un metodo scientifico. La Tretti fa in questo modo un'affermazione non da poco, e deve a questo punto prendersi la responsabilità di andare a fondo! Ma come vedremo, ahimè, non accadrà.

Il filo del discorso è la presunta analogia esistente tra i tarocchi e la qabbaláh ebraica. Già dalle basi di questa presunta analogia appare tutta la debolezza della tesi esposta. La spiegazione si fonda su basi numerologiche del tipo: l'alfabeto ebraico ha 22 lettere e gli arcani maggiori dei tarocchi sono 22 (gli arcani maggiori sono un sottoinsieme delle 78 carte del mazzo), oppure: gli arcani minori dei tarocchi sono 40, in 4 gruppi di 10, e l'albero della vita della tradizione ebraica ha 10 sefirot (che sono le entità di tale albero).

Allora io posso dire: 40 sono gli arcani minori, ma 40 è il mio numero di scarpe... quindi c'è una correlazione tra me ed il mazzo dei tarocchi... vale a dire, sono taroccato.

Fin qui, tutto sommato si tratta di supposizioni che possono formare ipotesi "filologiche" su questi oggetti. Poi prosegue una carrellata sui vari utilizzi che si sono fatti di questo tipo di carte: prima i nobili, che le utilizzavano come gioco scherzoso e celebrativo (attraverso le immagini raffigurate), poi attraverso il popolo, prima come gioco d'azzardo e poi... per uso divinatorio. Solo che, precisa la Tretti, quest'ultima sua affermazione non è suffragata da alcun documento. Bell'esempio di metodo scientifico.

Cristiana Tretti poi si riferisce al mazzo dei tarocchi come ad una infinita tastiera: afferma che le 78 carte possono presentarsi in tante, tantissime, quasi infinite combinazioni, che rappresentano tutte le possibili realtà. No, non proprio infinite possibilità, dice, di certo un numero finito ma tante, proprio tante tantissime! No, non ha mai fatto il calcolo ma di sicuro sono tante.

Eppure il calcolo è semplice, soprattutto per chi afferma di utilizzare un metodo scientifico: è "78 fattoriale", si scrive "78!" (settantotto, punto esclamativo) e si calcola così:

1 x 2 x 3 x 4 x ..... x 77 x 78

...di certo è un numero non "piccolo" (anche se la parola "piccolo" ha poco senso in ambito matematico), ben lungi però dall'...infinito!

Tutto questo viene detto perché poi la conduttrice si svela per ciò che è in realtà quando inizia a parlare di uso divinatorio dei taroc
chi afferma che è un argomento davvero affascinante, e che i tarocchi rispondono bene quando se ne fa un uso altruistico. Afferma che non bisogna chiedere se sarò ricco, bensì... quali sono i centri vibrazionali del mio corpo. Cosa siano i centri vibrazionali però non viene spiegato.

Alla fine del suo discorso partono le domande: le domando dove sia il metodo scientifico di cui ha parlato all'inizio. Qui diventa chiaro cosa significhi per lei (solo per lei, però) "metodo scientifico": dice che le sue ricerche si basano solo sulle fonti antiche. Replico che la scientificità si realizza tramite la ripetibilità e la falsificabilità di un fenomeno, ma a questo punto mi sento dare due risposte.

La prima risposta viene dalla relatrice, che crolla ed ammette che lei non è molto esperta di fisica e matematica. A questo punto però chiedo a quali vibrazioni si riferisse prima: la risposta è che trattasi di energie sottili, e che solo chi è sensibile, chi ci crede può avvertirle. Vale a dire, io credo che a casa mia ci siano gli extraterrestri, quindi solo io sono in grado di vederli. Tutto ciò ha un nome, ben diverso da vibrazione: si chiamano allucinazioni.

La seconda risposta invece mi perviene da un astante, il quale brandendo come un grimaldello l'esistenza della fisica quantistica (di cui non sa nulla, mi azzardo ad ipotizzare), afferma di fare una rivelazione che mi avrebbe lasciato esterrefatto "come un petardo che ti esplode fra i piedi" (testuali parole): tira in ballo un certo esperimento di radionica di Francis Bacon secondo cui è stata fatta più e più volte la prova di curare una ferita da arma da taglio, ponendo un unguento sulla ferita oppure sulla lama che ha causato la ferita. Il risultato, secondo l'astante, fu che la ferita guariva prima ponendo l'unguento sulla lama.

Incredibile, vero? Ora, a prescindere dalla verità storica dell'avvenimento, senza tirare in ballo radionica o altre simili fesserie, mi chiedo: non gli è venuto in mente che, forse, l'unguento utilizzato per curare recasse in realtà danno alla ferita, e che quindi era meglio non curare con questo unguento (o porlo sulla lama, che equivale a gettarlo via)?

Un riferimento a tale "esperimento" si trova presso questa pagina web. Ringrazio Fiorkiüsky per la segnalazione.

Per concludere, un invito a non meravigliarsi di quanti cadano "vittime" di cialtroni come Wanna Marchi: se c'è chi vende libri sui tarocchi, sulla fine del mondo e sulla radionica c'è anche chi li compra, quindi nulla di strano accade quando c'è chi sborsa migliaia di euro per un sacchetto di sale e rametti di piante.