30 aprile 2007

Voyager, Raidue - Attentato all'informazione

Stasera c'è stata su Raidue una incredibile puntata di Voyager. Incredibile perché spaventosa. Temi trattati: le profezie, in particolar modo quelle di Nostradamus, legami con l'astrologia, la fine del mondo prevista dal calendario maya.

Ciò che fa spavento è che questi "temi", così futili e senza alcuna argomentazione che stia in piedi, siano stati trattati come se effettivamente ci fosse qualcosa di "solido" alle spalle, ponendo la solita domanda qualunquista "ma allora è vero?", senza approfondire il significato di quanto appena detto.

Le presunte profezie si basano su quartine del libro di Nostradamus, frasi che secondo gli autori del programma sono "criptate", e che decodificate contengono spesso avvenimenti effettivamente accaduti in tempi recenti. Il problema è che la "decodifica" viene fatta (1) a posteriori, e (2) ogni volta in maniera diversa, in modo da far "indossare" la profezia all'evento nel modo giusto.

Poi, una carrellata di "profezie non avveratesi", come quella di Bill Gates del 1981, secondo la quale 640KB di memoria sarebbero stati sufficienti per chiunque. Peccato che tale affermazione, della quale non esiste fonte originaria, sia stata smentita dallo stesso Gates, che sostiene di non averla mai pronunciata. Verificare le fonti prima di trasmettere informazioni sulla TV nazionale? E perché mai?

La discarica serale prosegue in modo disinvolto con interviste a sedicenti profeti che avevano previsto, in base ai movimenti di Saturno e Nettuno, l'ascesa e la caduta del comunismo, la storia di altri che avevano previsto la crisi economica del 1929, ed altre simili amenità.

Toccato finalmente il fondo? Si comincia a risalire? No, si scende ancora in picchiata, quando a sorpresa spunta la data della prossima fine del mondo. Sì, perché i Maya già sapevano che il mondo sarebbe finito nel 2012! Ebbene sì, tra cinque anni saremo cenere! Affrettatevi dunque a togliervi i vostri sfizi, e sapete perché? Perché secondo i Maya nel 2012 sarebbe finito il ciclo di un'era. E' come se, finita l'era dei paninari, wild boys, il mondo avesse dovuto terminare. Basta. E' ora di spegnere il televisore.

Ciò che è grave è che questa totale disinformazione, trattata come informazione, venga trasmessa sulle reti nazionali, pagate dal cittadino, che vorrebbe un'informazione per lo meno corroborata da fatti e da fonti attendibili piuttosto che da sedicenti indovini dell'ultim'ora.

Attorno a questi "temi" putroppo c'è un giro di soldi enorme. E' una truffa alle nostre spalle: si parla di stupidaggini, perché ci sarà sicuramente qualche beone che abboccherà all'amo, che incuriosito da tali idiozie inizierà a consumarne, comprando libri e DVD, tanto "l'hanno detto su Raidue". Si innesca così un circolo vizioso che porterà queste fesserie sulla bocca di sempre più gente, che le ripeterà "a pappagallo", senza sapere di cosa si tratti in realtà e senza ovviamente verificarne la veridicità.

C'è gente capace di bersi qualunque genere di idiozia senza batter ciglio. Se non ci credete provate a cercare con Google qualcosa come "terra vuota", "rettiliani", "orgonite", "scie chimiche", e vi accorgerete che alla stupidità non c'è limite. Con questo tipo di trasmissioni televisive non si fa che gettare benzina sul fuoco di simili strampalate credenze.

La trasmissione di stasera ha avuto un costo sicuramente non modesto, compreso quello delle interviste a tali personaggi dalla dubbia morale, e tale costo è stato sobbarcato sulle spalle dei cittadini, degli abbonati che sicuramente si aspettano dal servizio pubblico un prodotto di qualità e non un cumulo di immodizia televisiva come quello appena visto.

20 aprile 2007

Schiavi. Sempre e comunque

Ieri sera a Milano, presso il Teatro Blu, c'è stata la rappresentazione teatrale di Emigranti di Slawomir Mrozek, a cura della compagnia teatrale Scimmie Nude, con gli attori Igor Loddo e Andrea Magnelli. I due protagonisti sono due emigranti, provenienti dallo stesso, povero paese, che hanno fatto le valigie per poter lavorare.

Lo scenario è lo squallido appartamento che i due occupano, durante il giorno di capodanno, nel quale arrivano segnali dall'esterno, suoni, rumori, luci, che fanno trasparire la percezione che l'immigrato ha della terra straniera in cui vive.

Durante l'intenso dialogo, in cui si registra il contrasto tra i due, causa la differente provenienza sociale (un intellettuale ed un operaio), viene sviscerata la realtà che ognuno dei due è schiavo. Di ideali, dei propri sogni, di uno Stato, della propria avarizia, schiavo della stessa schiavitù degli altri.

L'operaio lo è dei suoi soldi che avidamente nasconde in un pupazzo di peluche, soldi che serviranno un giorno, il grande giorno, in cui potrà tornare a casa sua e comprare casa per sé e la propria famiglia. Soldi che, anche se quelli che hai fin'ora accumulato bastano per questo, si continuano ad accumulare, perché sì, perché non una casa più grande, perché non un giardino... e si rimanda la partenza, rimanendo schiavi del proprio sogno.

L'intellettuale, schiavo della propria voglia di scrivere un libro su tale condizione, che crede non essere più la sua e va così a cercarla negli altri, nel proprio compagno di appartamento, che vessa in continuazione con le sue provocazioni ma che in fondo è l'unico amico che ha.

Così come chi vive pensando a quando avrà finito di pagare il mutuo, quando avrà 70 anni, così chi pur avendo un lavoro che gli consente una vita più che dignitosa, si lamenta perché si annoia, così chi oramai è convinto di non essere in grado di girare senza perdersi nella propria città senza il navigatore satellitare, quando invece in macchina ha già viaggiato in città che non aveva mai visto, così chi va in fibrillazione quando si dimentica il cellulare a casa.

15 aprile 2007

Milano. Paolo Attivissimo a "Falacosagiusta", Fieramilanocity

Oggi alle 11.15 c'è stata la presentazione a cura di Paolo Attivissimo del libro 11 settembre, i miti da smontare, di David Dunbar e Brad Reagan della rivista Popular Mechanics e tradotto dallo stesso Attivissimo, che cura assieme ad esperti di settore, il sito undicisettembre.info.

Come si può intuire, il tema trattato è la ricerca sulla veridicità delle affermazione fatte sugli avvenimenti dell'11 settembre 2001 dai cosiddetti complottisti, che sostengono che non siano stati gli aerei di linea ad abbattere le Twin Towers, che il WTC 7 sia stato deliberatamente abbattuto et similia. Le indagini sono state condotte con metodo scientifico, sono state consultate le mappe degli edifici piano per piano, sono state fatte verifiche sulle fonti delle informazioni (dato che è malcostume diffuso il pontificare sugli argomenti più svariati da parte di chi non ha alcuna competenza in materia). Puntualmente, le tesi dei "complottisti" davanti alla prova dei fatti crollano miseramente.

Il risultato più clamoroso delle indagini è che ci sono in realtà due tipi di "complottisti". Ci sono quelli "in buona fede", che sostengono tali tesi in quanto non ricordano bene i fatti, vengono impressionati dalle foto, o perché vengono convinti da video artefatti ma "ben realizzati". Ci sono poi, ed è questo il risultato che lascia sdegnati, quelli sono in aperta malafede, e che sono coloro che manipolano fotografie, che montano in maniera opportuna le interviste ai testimoni, che evitano di diffondere testimonianze effettivamente utili facendo "passare" solo le frasi che possano confermare le loro teorie.

Tutto il materiale presentato è presente sul sito sopra citato; ad esempio è stato mostrato come la presunta presenza di "metallo fuso" nelle macerie sia stata in realtà solo un fotoritocco di un'immagine raffigurante un blocco di cemento compattato.

La cosa è piuttosto grave: c'è gente che pur di diventare popolare, vendendo libri e DVD, sparge notizie forti, che fanno scoop, di successo, sensazionali ma, piccolo particolare, false, lottando con le unghie e con i denti in salotti e dibattiti televisivi per sostenere la veridicità di tali verità artefatte. Tali personaggi recitano in pubblico la parte di coloro che vogliono la verità, di paladini della giustizia, di guru. Dopotutto, fare il guru paga, e tanto: ci sarà sempre un gran numero di "seguaci" che lotteranno anche arrampicandosi sugli specchi pur si sostenere le tesi della loro "guida", e ci sarà quindi un mucchio di gente disposta a comprare libri e DVD associati.

Come difendersi da tali loschi figuri? Tenendo gli occhi aperti, verificando le fonti, e quando non si ha la competenza necessaria per affrontare un argomento, consultare qualcuno realmente competente in materia e che non speculi sul semplice sentimento di appartenenza politica o ideologica per accreditare o screditare una tesi.

L'incontro si è concluso con le domande del pubblico, a cui il giornalista ha, come sempre, volentieri risposto esaurientemente.

13 aprile 2007

Milano. Disordini in via Paolo Sarpi (o Chinatown)

Dopo aver letto su repubblica.it dei disordini accaduti nella giornata appena passata in via Paolo Sarpi, appena uscito dal lavoro mi sono recato lì per poter vedere in prima persona le conseguenze di quanto successo e per scambiare qualche parola con gli abitanti della zona.

Sono arrivato in zona attorno alle 19.30, e l'ordine pubblico era stato ristabilito. Tracce dell'accaduto erano evidenziate dalla presenza gruppi di poliziotti con casco e scudo in molti incroci di via Paolo Sarpi.

Ho quindi iniziato ad intervistare persone che lì vivono e/o lavorano, sia cinesi che italiani, e riporto qui di seguito ciò che ho potuto ricavare da queste interviste.

Innanzitutto il fatto di cronaca, che dalle testimonianze sembra coerente con quanto riportato dall'articolo di cui sopra (ho raccolto da un ragazzo cinese testimone oculare gli stessi fatti): in seguito ad una multa da parte della polizia municipale per scarico merci fuori orario, ed ai relativi controlli, un'auto risultava avere l'assicurazione scaduta, e la proprietaria, con figlia al seguito, ha protestato. Si sono quindi scaldati gli animi, ed in questi casi può accadere che si "venga alle mani". La donna è finita a terra. Il testimone che ho ascoltato afferma che hanno "iniziato" i vigili, ma io non posso confermarlo né smentirlo dato che non ero lì presente al momento dell'accaduto. Il testimone ha affermato che sono stati dati schiaffi anche nei confronti della bambina (stesso discorso di prima per quanto riguarda una mia possibile conferma o smentita). Di lì quindi è partita la escalation di violenza. Chi ha cominciato? Non è mio compito né mio interesse stabilirlo, il punto è un altro.

Andiamo infatti oltre. Cosa ha trasformato una multa per scarico merci fuori orario in una rivolta? Da circa due mesi il comune ha imposto limiti di orario per lo scarico. Regola valida solo per tale zona della città, detta anche Chinatown. Perché? Per stessa ammissione dei cittadini della zona, via Paolo Sarpi, una strada molto stretta, era diventata un suk di carrelli. Un traffico sempre crescente di merci trasportati su tali carrelli lungo la via, che rende sempre meno agibile la strada per gli autoveicoli.

Il traffico è crescente, chiaro, perché la zona si sta sviluppando, e sempre nuovi cinesi raggiungono i loro connazionali, e spesso aprono nuove attività commerciali, regolarmente riconosciute e con licenza concessa dal comune.

Gli intervistati mi hanno fatto notare che, senza carrelli, la merce andrebbe portata a mano, o a spalla... il che non è lo stesso, ed al contempo non si può vendere la merce senza... averla nel proprio negozio. Tale situazione, quindi era perfettamente immaginabile nel momento in cui venivano concesse le licenze per le nuove attività commerciali.

Ma andiamo avanti con i "risultati" delle interviste. Che ruolo ricopre il razzismo? Tra i giovani cinesi cosiddetti "di seconda generazione" e gli italiani problemi non ce ne sono, stringono amicizia ed escono assieme. Anche la popolazione di fascia d'età compresa tra i 30 ed i 40 anni pare "funzionare" allo stesso modo. Un gruppo di giovani italiani mi ha raccontato come a Capodanno (quello italiano) italiani e cinesi abbiano festeggiato assieme per strada. Da notare l'adattamento, dato che il capodanno cinese non coincide col nostro.

Uno dei problemi, secondo le testimonianze che ho potuto ascoltare, è presente con la popolazione anziana "autoctona", che si lamenta del sempre crescente numero di cinesi. Altro problema è l'integrazione, soprattutto linguistica. Nonostante come già detto i giovani cinesi e italiani stringano tra loro amicizia, ho incontrato un discreto numero di cinesi, attorno ai 30, che parlano l'italiano con una certa difficoltà. Si parla spesso di isolamento della comunità cinese, ecco un altro problema, ma questo è una conseguenza dell'isolamento linguistico di taluni strati di popolazione cinese.

Mi è stata segnalata anche la presenza di alcune scritte razziste sui muri, ma nelle strade che ho percorso non ne ho incontrate. Quando ne troverò, aggiornerò questo post. A coloro che pensieri razzisti ne hanno, invito a capovolgere per qualche secondo il mouse che hanno in mano per leggere chi l'ha fabbricato.

Torniamo al problema della regolamentazione dello scarico merci. E' successo che per risolvere un problema sempre crescente e mai affrontato, ma prevedibilissimo dato l'aumento delle licenze date ai negozianti, si è scelto di utilizzare il pugno duro imponendo un divieto che, se da un lato ha come scopo quello di rendere più vivibile e scorrevole la strada, dall'altro impedisce logisticamente l'espletarsi delle attività economiche della zona. E dato che ovviamente nessuno intende interrompere la propria attività, tale divieto non può essere rispettato. E' comunque un divieto che vige, i controlli ci sono, come ci sono le multe, anche frequenti. Sale quindi il malcontento, sale la tensione, e si arriva alle situazioni limite.

E' come se, per rallentare l'avanzata dell'effetto serra, fosse imposto che ad una certa ora si fermino tutti gli impianti a carbone e quelli che utilizzano derivati del petrolio.

Le soluzioni immediate ma a breve termine sono fallimentari. Come risolvere il problema? Non lo so assolutamente, ed è compito degli assessori e dei consiglieri comunali quello di pensare al problema in termini di più ampio respiro e considerando che la situazione in atto non può essere cambiata da un giorno all'altro decretando nuove regole sic et simpliciter.

12 aprile 2007

What a wonderful world

Gente che si dà pena per ciò che sconosciuti vicini dicono di loro, per ciò che si vede, ma che al "sicuro" delle loro quattro mura domestiche non si pone alcun problema nel commettere ogni tipo di nefandezza. Gente che picchia sua figlia e le augura di morire perché ha preso 5 al compito in classe.

Gente invidiosa del fatto che i propri "cari" siano felici. Gente che se io no allora neanche tu. Gente pronta a mettere il bastone tra le ruote se non fai come penso io. Costi quel che costi, che sia la perdita della serenità, che siano liti continue e senza senso o nevrosi collettive. L'importante è punire chi non fa come penso. A costo di autolesionismo. Ma fuori no, tutto deve sembrare lindo e pulito.

Gente che devasta il proprio tempo, le proprie energie e la propria vita a guardare cosa fanno perfetti sconosciuti per criticarli e dire che gli altri sono peggio.

Gente che odia, gente che disprezza, gente che volte uccide, apparentemente perché tifi per una squadra, per rumori molesti o "semplicemente" perché l'altro porta iella.

Gente che picchia solo perché hai un altro colore, nel cuore o nella pelle. O semplicemente per dimostrare di essere più forte. Non si sa di chi.

Gente che pare totalmente avulsa da altri problemi tanto da crearseli e "risolverseli" da sola. E invece no. Questa gente di problemi ne ha, e tanti. E' gente di tutti i tipi, appartenente alle più svariate classi sociali, e che da tali atti non ricava giovamento alcuno.

Eppure lo fanno, e sono in tanti, in tantissimi....

02 aprile 2007

Homeward bound (o Vite parallele)

Venerdì sera, ore 22:30. I treni allineati sui binari, pronti per partire. Le banchine gremite di gente che trascina i propri bagagli, mentre si dirige verso la propria carrozza. Per la maggior parte sono emigranti, diretti verso il proprio paese per il fine settimana. Gente che porta nelle valigie cose tanto diverse.

C'è chi porta sempre con sé la propria terra, c'è invece chi oramai è un apolide, tanto è avvezzo a cambiar continuamente domicilio da svariati anni. Li distingui dal modo di parlare: i primi non hanno mai perso la loro cadenza, ed anche se vivono da più di 15 anni a più di 800 km dalla loro terra di origine è immediato capire da dove provengano. I secondi invece parlano in un modo che si potrebbe definire insolito: una commistione di accenti, difficile da individuare, anche se c'è sempre una "radiazione di fondo" dominante.

Cosa portano nelle valigie? Cosa pensano? C'è chi lavora lontano da casa, e torna ogni fine settimana dalla sua famiglia, sua moglie, i suoi figli. E mentre viaggia pensa a come sarà doloroso arrivare a casa e notare che nei primi istanti suo figlio piccolo farà fatica a riconoscerlo subito. Ok, dopo dal bimbo verrà fuori tutto l'affetto di questo mondo, ma quei cinque minuti sono un dolore lancinante. C'è chi pensa alla persona amata, e si chiede se i propri pensieri siano condivisi. C'è chi sogna di comprare casa per se e la propria famiglia proprio lì, dove è diretto il treno, e si chiede quando e se questo potrà accadere.

C'è anche a chi, dopotutto, sta bene lo status quo. Ci sono anche quelli che, partendo, si stanno costruendo un'altra vita, da qualche altra parte, e che hanno visto la loro partenza come l'aprirsi di nuove possibilità, di nuove strade da esplorare prima inimmaginate. Strade a volte rettilinee, a volte impervie, spesso impreviste.

Tutta questa gente, così diversa, partirà tra qualche manciata di minuti, e vivrà qualche giorno in maniera diversa rispetto agli altri. Come se conducesse vite parallele.

Eppure c'è qualcosa che accomuna tutte queste persone. La voglia di qualcuno che li aspetti, che aspetti solo loro e che non veda l'ora che arrivino.

Ma ora basta. Un fischio dal treno ne annuncia la partenza. Homeward bound, diretto verso casa.

Tonight I'll sing my songs again
I'll play the game and pretend
But all my words come back to me
In shades of mediocrity
Like emptiness in harmony
I need someone to comfort me

        (Simon and Garfunkel)