21 maggio 2007

Paolo Attivissimo all'Università Statale di Milano. Il vero e il falso su Internet

Venerdì 18 maggio c'è stata una lezione del giornalista Paolo Attivissimo sulla verità su Internet e più in generale sui media, compresi quelli tradizionali. Filo conduttore della dissertazione, le classiche bufale che circolano in rete, tipicamente nella forma di catene di sant'Antonio, spesso provenienti da persone di nostra conoscenza, intasandoci le caselle di posta elettronica di inutile spazzatura.

Sul sito del giornalista è presente un'intera sezione sul tema (a cui si farà riferimento in questo post), da lui curata ed aggiornata sistematicamente, chiamata Servizio Antibufala, in cui vengono svolte rigorose indagini, e che sarebbe bene consultare (oltre ad una rapida ricerca su Google) prima di cliccare su inoltra.

Tipici temi trattati sono gli appelli medici, riguardanti spesso casi conclusi, nel bene o (purtroppo) nel male, anche parecchi anni fa, ma che continuano a circolare imperterriti attraverso amici e colleghi che, non preoccupandosi di effettuare le verifiche del caso, con disinvoltura fanno click su "inoltra" e disseminano ovunque il testo della missiva, che spesso contiene riferimenti telefonici.

Tali riferimenti telefonici possono appartenere sia ai mittenti originari, i quali poi vengono bombardati per anni da telefonate che richiedono spiegazioni (immaginate come possano essere recepite tali chiamate se il parente oggetto dell'appello fosse nel frattempo deceduto), sia a garanti involontari, ossia persone che inoltrano l'appello includendo nel messaggio la propria firma. Se si tratta di un appello medico, e la firma di un "anello" della catena contiene la dicitura "dott.", ecco il garante involontario, che diverrà anche lui oggetto di petulanti telefonate e che sarà probabilmente costretto a cambiare numero telefonico.

Un altro dei temi trattati in tali tentacolari missive è la segnalazione di sostanze pericolose negli alimenti, che spesso sono idiozie confezionate ad arte: tipico è il caso del pericolossimo colorante E330 utilizzato nelle merendine: in realtà E330 è l'innocuo acido citrico, sì, quello contenuto nel succo di limone, come si può leggere qui e qui.

Cosa può produrre un pigro inoltro di una tale informazione? Ad esempio un immotivato allarmismo seguito da un altrettanto insensato boicottaggio dei prodotti i cui nomi sono contenuti nell'appello inoltrato.

Ci sono spesso casi di bufale corredate da immagini modificate ad arte con Photoshop & simili, come il caso della bufala di Bush che legge il libro al contrario. In questi casi è sufficiente un po' di buon senso e di spirito di osservazione per evitare di cadere vittima di tali trappole. E' semplicissimo, più di quanto si pensi, creare falsi ben fatti con un software di fotoritocco.

In tali trappole purtroppo cadono spesso anche testate giornalistiche autorevoli, come Repubblica, che sul numero del 18 febbraio 2002, a pagina 24 pubblica un incredibilmente dettagliato articoletto sull'ormai leggendaria bufala legata al presunto negozio di gatti in bottiglia chiamato Bonsaikitten. Tale eccesso, non raro purtroppo, fa comprendere quanto nociva sia la pigrizia del pensiero "non-costa-nulla-inoltrare".

Bisogna rendersi conto del funzionamento della rete: una notizia viziata su un sito, anche un sito piccolissimo letto da pochissimi può avere un'eco straordinaria se è una di quelle che fanno leva sull'emozione ed anche uno solo dei suoi lettori ne mette un link su un forum letto da un gran numero di persone. Molti inizieranno superficialmente a spedire mail con il link incriminato a tutti i loro contatti ed ecco che la notizia diventa caso di cronaca. In questo modo è possibile recare danni personali, anche gravi, ad ignare vittime che sono i protagonisti involontari del "racconto" e su cui sono scritte informazioni sbagliate.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Bel problema. Forse il vero problema "etico", se mi passate il termine sicuramente improprio, alla base di uso/diffusione di internet. Uno strumento di informazione è sempre un potente strumento di potere. Quindi la questione diviene è necessario che la diffusione di informazione in internet avvenga sotto il controll origido di un garante? Ma chi deve essere questo garante?
Spesso un informazione non è solo una notizia, ma spesso rappresenta un'idea, un pensiero, il frutto della creatività umana. Chi puo' essere tanto "sovra le parti" da poter avvallare o meno la pubblicazione di un pensiero? E' indubbio pero' che alcuni "pensieri" possano essere dannosi. Credo che tale tema possa aprire una discussione infinita. L'unica soluzione pratica che al momento vedo è quella di affidarsi all'onestà di chi pubblica notizie in rete e la saggezza di chi le legge. Il primo si metta una mano sulla coscienza e pensi alle conseguenza a volte disastrose di pubblicare un "bufala" o "porcheria", il secondo invece non si fermi al singolo sito ma cerchi una validazione oggettiva ti tutto ciò che legge!!!

Anonimo ha detto...

Credo che il peso del problema dipenda dal grado di affidabilità che ciascuno di noi concede a questo tipo di pseudo-informazione. Ritengo che stessa Wikipedia (che per molti sta divendando come le sacre scritture) abbia un livello di credibilità molto basso. Personalmente sposterei l'attenzione sulla credibilità della informazione in maniera più generale. Anche per quanto riguarda quello che dovrebbe essere il servizio pubblico, l'affidabilità delle informazioni è carente. Ci fanno sapere quello che vogliono che si sappia (vedi il dossier sui preti pedofili prodotto dalla BBC, acquistato in Italia da Santoro, al quale vogliono impedirgli di mandarlo in onda....). Per non parlare della cosiddetta contro-informazione (Indymedia,.....) che si sta rivelando ancora più falsa della informazione "ufficiale". Il problema è che la rete è come un muro bianco sul quale ciascuno di noi decide di scriverci qualcosa, c'è chi lo imbratta con delle farneticazioni e chi si sforza di metterci qualcosa di serio, magari illudendoci che questa è democrazia.