Venerdì sera, ore 22:30. I treni allineati sui binari, pronti per partire. Le banchine gremite di gente che trascina i propri bagagli, mentre si dirige verso la propria carrozza. Per la maggior parte sono emigranti, diretti verso il proprio paese per il fine settimana. Gente che porta nelle valigie cose tanto diverse.
C'è chi porta sempre con sé la propria terra, c'è invece chi oramai è un apolide, tanto è avvezzo a cambiar continuamente domicilio da svariati anni. Li distingui dal modo di parlare: i primi non hanno mai perso la loro cadenza, ed anche se vivono da più di 15 anni a più di 800 km dalla loro terra di origine è immediato capire da dove provengano. I secondi invece parlano in un modo che si potrebbe definire insolito: una commistione di accenti, difficile da individuare, anche se c'è sempre una "radiazione di fondo" dominante.
Cosa portano nelle valigie? Cosa pensano? C'è chi lavora lontano da casa, e torna ogni fine settimana dalla sua famiglia, sua moglie, i suoi figli. E mentre viaggia pensa a come sarà doloroso arrivare a casa e notare che nei primi istanti suo figlio piccolo farà fatica a riconoscerlo subito. Ok, dopo dal bimbo verrà fuori tutto l'affetto di questo mondo, ma quei cinque minuti sono un dolore lancinante. C'è chi pensa alla persona amata, e si chiede se i propri pensieri siano condivisi. C'è chi sogna di comprare casa per se e la propria famiglia proprio lì, dove è diretto il treno, e si chiede quando e se questo potrà accadere.
C'è anche a chi, dopotutto, sta bene lo status quo. Ci sono anche quelli che, partendo, si stanno costruendo un'altra vita, da qualche altra parte, e che hanno visto la loro partenza come l'aprirsi di nuove possibilità, di nuove strade da esplorare prima inimmaginate. Strade a volte rettilinee, a volte impervie, spesso impreviste.
Tutta questa gente, così diversa, partirà tra qualche manciata di minuti, e vivrà qualche giorno in maniera diversa rispetto agli altri. Come se conducesse vite parallele.
Eppure c'è qualcosa che accomuna tutte queste persone. La voglia di qualcuno che li aspetti, che aspetti solo loro e che non veda l'ora che arrivino.
Ma ora basta. Un fischio dal treno ne annuncia la partenza. Homeward bound, diretto verso casa.
Tonight I'll sing my songs again
I'll play the game and pretend
But all my words come back to me
In shades of mediocrity
Like emptiness in harmony
I need someone to comfort me
(Simon and Garfunkel)
02 aprile 2007
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4 commenti:
Sono appena tornato a casa.
Dal tuo intervento sembra trasparire una punta di malinconia, e forse so anche perché, ma in fondo è una sensazione straordinaria tornare.
E adesso che si sta per aprire una nuova porta, non so più qual è la direzione del mio treno, né del mio pensiero :)
Buona vita, e goditi Bratislava!
ottimo post,
1 saluto dal maestro
Marlon
;)
Ciao, questo tuo post mi ricorda una canzone del maestro.
Vite parallele
Mi farò strada tra cento miliardi di stelle
la mia anima le attraverserà
e su una di esse vivrà eterna.
Vi sono dicono cento miliardi di galassie
tocco l'infinito con le mani
aggiungo stella a stella
sbucherò da qualche parte,
sono sicuro,
vivremo per l'eternità.
Ma già qui
vivo vite parallele
ciascuna con un centro, con un'avventura
e qualcuno che mi scalda il cuore.
Ciascuna mi assicura
addormentato o stanco
braccia che mi stringono.
Credo nella reincarnazione
in quel lungo percorso che fa vivere vite in quantità
ma temo sempre l'oblìo
la dimenticanza.
Giriamo sospesi nel vuoto intorno all'invisibile,
ci sarà pure un Motore immobile.
E già qui
vivo vite parallele
ciascuna con un centro, una speranza
la tenerezza di qualcuno.
Tu pretendi
esclusività di sentimenti
non me ne volere
perché sono curioso, bugiardo
e infedele.
Qui
vivo vite parallele
ciascuna con un centro, con un'avventura
e qualcuno che mi scalda il cuore.
Perduti nel corriere della sera...tra il vai e vieni di una cameriera...ma perché ogni giorno viene sera...
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